domenica 19 aprile 2020

" FANTASIA "

                             
                                                       " FANTASIA"



"Uffa!  A che si gioca ora? Mi sono stufata di pettinare queste bambole, e voi? Se si disegnasse la campana? No?!...Allora ...a nascondino? Dai...chiamiamo anche Danilo e Nicola, cosi' siamo in cinque."
Pressappoco era cosi' che passavamo i pomeriggi nel cortile del nostro condominio io e le mie amiche.
Abitavamo in case popolari. Sulla strada un grande cancello, all'interno un cortile squadrato e l'edificio a ferro di cavallo con tre portoni, tre file di campanelli, le finestre e i balconi. Questi ultimi lasciavano intuire chi abitava quegli appartamenti. Si' perche' dai panni stesi, dagli oggetti appesi si riusciva a indovinare se in quella casa ci fossero bambini, vecchi, come anche i mestieri svolti dagli adulti, se si trattasse di famiglie  numerose o se, invece, ci abitasse un solo inquilino.
Ma io, spesso, mi incantavo proprio a guardare tra quelle ringhiere e mi sembrava di scoprire ancora dell' altro. Mi spiego. Vedevo disteso ad asciugare un abito leggero,  cucito con quella stoffa che sembra sempre svolazzare qua e la' anche quando  non tira un alito di vento, magari a fantasie di pallini, fiocchi, ondine,  rombi,  piumette, foglioline...coloratissimi. Ecco allora ero certa che li', in quell' appartamento ci viveva una giovane donna, che di certo amava ballare, mettersi nastri fra i capelli e profumarsi con acqua di gelsomino o di lavanda.
Invece se appesi ai fili notavo calze grosse, maglioni scuri e pesanti, tute blu,  era semplice capire che c'era un padre di famiglia, un operaio  che si alzava presto la mattina, prendeva i mezzi e si infilava dentro un enorme, grigio capannone, forse rumoroso, quasi certamente polveroso, dove avrebbe trascorso la sua intera giornata di lavoro. Ma se scorgevo anche un paio di brachette colorate e qualche paio di calzerotti a righe, allora potevo essere certa che tutto il sacrificio di quel mio vicino non fosse fine a se' stesso. Anzi, la sera, due gambette, dentro quei calzoncini, avrebbero saltato di gioia al rientro di quel papa', tanto da regalargli, finalmente, un sorriso e tanto calore, nonche' la forza di ricominciare il giorno dopo.
Mi capitava di accorgermi che qualche balcone aveva sempre poche cose ad asciugare:  calze lunghe, canottiere, una camicia da notte. Mi convincevo che si trattasse di una persona sola, anziana e che usciva di rado.
Poi c'erano i balconi pieni zeppi di tutto: biancheria, vestitini, magliette, grembiuli, giacchette, tutine, pigiamini... di tutto un po'. Ovviamente erano quelli di famiglie numerose.
Uno pero' si distingueva fra tutti. Era quello dell'infermiera che abitava al secondo piano, Calze lunghe e bianche, cappellino, camici, golfini, tutto rigorosamene bianco e immacolato.
Ma la mia passione era il terrazzo dela signora Ersilia.
Il suo non ci si poteva limitare a chiamarlo "bucato". Per me, osservarlo,  era piu' affascinante che andare a visitare un museo.  Si' un museo pieno di pitture, di quadri, voglio dire. Come quello dove mi porto' mio zio Gennaro lo scorso anno.
Sembrava piu' candido e luminoso di tutti. Ma di certo non dipendeva dal sapone usato da Ersilia. I colori delle sue lenzuola e delle sue tovaglie erano accesi, reali, insomma non avevano rivali. Sembravano davvero usciti dalla tavolozza di un artista. I fiori, poi, impressi sulla stoffa davano l' impressione di essere stati gettati a casaccio, per gioco, magari proprio dalla Primavera stessa e rimasti appiccicati, li' sopra, magicamente per sempre.
Ecco si', io intuivo ci fosse qualcosa di fiabesco, di fantastico tra quei suoi panni che dondolavano al sole rendendo bello persino il nostro palazzo in periferia.
Non mi sbagliavo. Voglio raccontare un fatto davvero eccezionale, a dir poco.
Alla sinistra  del nostro cortile c'era una fontanella di pietra con il rubinetto di metallo a forma di uccellino. Era vecchia e non usciva piu' acqua. Tanto non serviva piu' ...anche perche' l'unica aiuola presente nel cortile, una volta amorosamente accudita dal signor Terenzio, pace all' anima sua, era completamente distrutta e ridotta a un cumuletto di terra grigiastra.
Una mattina che non ero andata a scuola perche' avevo un po' di mal di pancia, me ne stavo al sole tiepido sul mio terrazzino, fra i gerani di mamma, quando i miei occhi e la mia attenzione furono rapiti da un evento incredibile.
Il cortile era vuoto. Tutto comincio' quando mi accorsi di uno strano cigolio, ma non capivo bene da dove provenisse. Strizzai gli occhi e vidi chiaramente un uccellino dorato che sbattendo le ali velocissimo dalla fontanella spiccava il volo raggiungendo il balcone della signora Ersilia.
Mi nascosi dietro un lenzuolo e continuai a sbirciare con il cuore che andava  a mille, tanto che pensavo si potesse sentire fino giu' in cortile.
La signora Ersilia, intanto, porgeva la mano all' uccellino che beccava qualcosa, forse semini o briciole.
Solo qualche istante e se ne svolazzo' rapido sui fiori disegnati sul suo bucato e infine si diresse portandoseli nel becco,  fino all' aiuola del povero signor Terenzio, lasciandoli cosi'  cadere sul terriccio. Fece piu' viaggetti come questi, non ricordo, diciamo sei o sette, sotto lo sguardo attento e il sorriso divertito della donna piu' misteriosa  del condominio. Poi se ne ritorno' sul rubinetto della fontanella e li' vi rimase immobile.
Ero senza fiato. Non parlai mai a nessuno di quello di cui ero stata testimone. In seguito, con il passare dei giorni, mi tranquillizzai, tanto che dicevo a me stessa  che forse avevo davvero troppa fantasia o che magari, chissa', ero stata abbagliata da un raggio di sole.
Vennero le vacanze di Pasqua. Scesi con i miei compagni a giocare in cortile e...l'aiuola era tutta fiorita! Tanti, ma tantissimi fiorellini di tutte le sfumature del rosa, del giallo e del viola.
Gli altri condomini non se ne stupirono piu' di tanto e neanche i miei amichetti. Pensarono: - in fondo e ' prmavera... sara' stata opera del vento...forse il portiere li aveva seminati e non lo aveva detto...-
C' ero solo io a sapere la verita' ma ero fermamente decisa a non condividerla con nessuno. Non avrebbero capito. Solo chi e' attento alle fantastiche cose che la vita ci mostra intorno a noi, puo' capire e imparare a usare la fantasia come un delicato, raro e prezioso strumento. Ma il mio pensiero fu interrotto da una voce che mi chiamava. Era la signora Ersilia che ripiegando una  delle sue tovaglie "prodigiose" mi butto' un bacio strizzandomi l'occhiolino.

venerdì 22 agosto 2014

" La verita' "

" La verita"

Chissa' perche' arriviamo a capire  che basterebbe guardarsi  negli occhi ,con coraggio,  fino in fondo, per arrivare a comprendere le verita' piu' semplici, inequivocabili che, ci pare, continuano a sfuggirci.
Eppure la risposta eccola li'. Netta, chiara nei tuoi occhi. Li' davanti ai miei.
Invece me ne rendo conto solo adesso.
E' dura ammetterlo. Sono io, proprio io, che abbasso il mio sguardo davanti al tuo, cosi'  terso, penetrante, sicuro.
C'e' dentro una luce nitida, che sembra sgorgare fuori dalle tue iridi chiare. La luce di chi sa di aver finalmente capito. La luce di chi sa che si e' conquistato lo scrigno, tanto ambito, della ragione, della giustizia, e puo' mostrarlo fiero.
A cosa servira', adesso, pero', non so.....
Ma non vedo solo quella luce nei tuoi occhi. Io ci vedo di piu'... Ci vedo anche tutto il verde dei nostri giorni migliori, tanti fili d'erba, umidi e cangianti, rilucenti sotto il sole e dolcemente, pigramente, in balia del vento. Poi ci vedo il grigio denso delle nubi gonfie e pesanti del nostro autunno, della noia e dei silenzi, che avremmo dovuto ascoltare, invece,  con solerte attenzione e il suono, il fragore indecente di parole vuote, volgari, sciatte, che avremmo avuto il dovere, la dignita' di non pronunciare, non raccogliere e la pieta' di scacciare dalla nostra memoria.
Non c'e' traccia di pieta',  ne' comprensione, per me, in questa stanza . In questo mondo. In questa vita.
No. Ne' ora, ne' mai piu'.
Cosi' rendo la tua foto al commissario, seduto di fronte a me e rilascio, firmandola, la mia deposizione.

lunedì 16 settembre 2013

Le lacrime non sono tutte uguali.

Le lacrime non sono tutte uguali.


Ci sono lacrime leggere, tiepide, quasi dolci, quando ci intenerisce un ricordo, uno sguardo, una canzone, quando ci rendiamo conto, quasi per incanto, di quanto amore ci sia dentro, fuori, intorno a noi.

Ci sono lacrime fredde, gelate, taglienti sulle guance, come lame di ghiaccio. Sono quelle dell' addio, dell' abbandono, del rimpianto, della disillusione.

Ci sono lacrime di fuoco, roventi, che scendono giu' come lava, solcano la pelle, ardono e le percepiamo rosse, come sangue, perche' proprio dal nostro cuore sgorgano e scivolano poi dai nostri occhi. Sono le lacrime della disperazione, della perdita di chi abbiamo tanto amato,del lutto, del dolore assoluto.
Perdiamo, con esse, trame, lembi della nostra esistenza, che restera' lesa, debole e sfilacciata.

Ci sono lacrime lente, pesanti, quasi fluide. Cadono a poco, a poco, stentano a scendere sul viso, si spingono, poi, pigre  fino a bagnare gli angoli delle labbra. Sono le lacrime della poverta', dei genitori senza piu' lavoro o senza piu' la salute necessaria per svolgerlo. Cadono sfaldandosi e creando enormi aloni azzurrognoli sul foglio dei tanti conti da pagare. Hanno il sapore di mandorle amare.

Poi ci sono le lacrime dei bambini.
Non certo quelle goccioline veloci, frenetiche schizzano dai loro occhioni per l' ennessima bizza, o per il senso di sconfitta causato da una rovinosa caduta, o per la perdita del giocattolo preferito, o perche' si e' avuta la peggio durante la zuffa con il fratellino. Queste sono lacrime che sanno di fragola e vaniglia.
No.
Parlo di quelle lacrime che non ce la fanno a cadere giu', dagli occhi di tanti piccoli. Ci stanno dentro. Ci abitano ormai, in precario equilibrio fra le palpebre e le ciglia, ad annacquare, a confondere, a rendere cosi' meno nitido, forse per un briciolo di pieta', quello che la loro vista altrimenti gli mostrerebbe.
Sono le lacrime dei bambini che soffrono a causa di malattie, fame e di tutto l' orrore che la guerra produce, che hanno respirato la violenza, se ne sono dovuti cibare ,l' hanno imparata a digerire, l' hanno osservata all' opera per mano di quegli adulti che avrebbero dovuti amarli,  proteggerli, curarli. 
Restano nei loro occhi, quelle lacrime, e stentano a scendere perche' ...hanno paura. Tanta paura. La stessa di cui sono impregnati i giorni, le ore, i minuti di questi piccoli umani.

Ogni tanto pero' un raggio di luce riesce ad attraversarne una e la ruba.Un po' come quando piove ed arriva, inaspettato, un po' di sole. Allora questo bagliore se la porta via, sale su in alto nel cielo e la trasforma in una nuova stella.

Ci sono davvero troppe nuove stelle in questo nostro cielo, in questa nostra lunga notte. Sono lassu': alziamo la testa!

Se continueremo a  non curarcene, ad infischiarcene di quelle piccole stelle, accadra' che loro, diventeranno  talmente tante che sara'  il sole ad  indignarsi  per la nostra vigliacca  indifferenza al loro dolore, cosi' si rifiutera' di sorgere.


Per noi sara' notte infinita.




 

venerdì 28 dicembre 2012

Alla fine del giorno.

Magari ci saranno degli avvisi. Deboli segnali. Sintomi appena riconoscibili. Sensazioni di indolente distacco da se' stessi e da cio' che ci circonda. Sara' possibile percepire  il flusso della  vita scorrere via da noi, lentamente,  come il  fruscio del mare da dentro una conchiglia. Io credo che sara' una calma assai disciplinata, quella che mi pervadera'.
E allora, mi piace immaginare, raggiungero' la porta della mia casa, l' apriro' e mi siedero' sul suo gradino. E aspettero'. Aspettero' cosi' come si aspetta chi siamo certi che tornera'. Chi speriamo abbia accettato il nostro invito. Chi rientra da un viaggio. Chi ci ha promesso una visita in caso fosse di passaggio, Chi porta cose nuove. Chi arrivando sconvolge i nostri piani. .Chi ci consegna il conto da pagare. Chi ci regala un fiore. Chi conosce il nostro dolore e ci accoglie  fra le sue braccia. Chi condivide la nostra vittoria e ci viene incontro correndo. Chi gioisce con noi e ci stringe  facendoci  fare un goffo giro di valzer. Chi invece, di certo, non verra', perche' lo sai che non verra'. Chi,o cosa, arrivera' e ti portera' via.
E tu, che aspettavi, te ne andrai seguendo questo visitatore cosi' puntuale, portandoti dietro la tua valigia di amori, affetti, sogni, delusioni, dolori, incertezze, luoghi, case,vite.
Alla fine del mio giorno, vorrei avere un po' di tempo per aspettare su quel gradino e avere la certezza di  lasciarmi alle spalle una piccola casa, semplice, curata e amata.

lunedì 27 agosto 2012

Angoli



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Esistano case moderne e funzionali.  Altre curate, perfette in ogni dettaglio. Alcune luminose, vissute e disordinate. Qualcuna piu' polverosa, odora di apatia e di pensieri pesanti, ricorrenti, che lentamente si rigirano su se' stessi come grossi gatti sui cuscini.
Talune, nel tempo, mostrano tratti di pavimento consunto dai nostri passi. Si cammina tanto in una casa: di solito sono passi distratti, ripetitivi, qualche volta ansiosi e gravi. Di avvicinamento, di allontanamento, di attesa.. Decisi, veloci, diritti, ravvicinati. Altre volte esitanti, lenti, incerti.
Ci sono anche  specchi, vetri, riflessi che conoscono verita' palesi e altre accuratamente celate, spesso e, sopratutto, a noi stessi.
Ci sono luci accese sui nostri desideri, sui nostri sogni, sulle nostre letture, sui nostri progetti e inesorabilmente spente sulle nostre disillusioni e sulle nostre sconfitte.
Ci sono poi stoffe e tessuti: filtrano con cura il giorno e la notte alle nostre finestre in un antico, eterno gioco di luce.  Ci avvolgono e ci accarezzano nel letto, si mischiano alle nostre carezze, tanto da confondere la nostra pelle e i nostri sensi.
Assorbono, testimoni e complici silenziosi, sia le nostre lacrime che  i nostri fluidi d'amore.
Ci deliziano e ci coccolano con la loro morbidezza come bimbi dopo un bagno caldo.
Ma quel che piu' conta nella nostra casa sono gli angoli, quelli che riconosciamo solo noi.
 Nessun geometra, architetto o attento e curioso ospite li potra' cogliere e scoprire. Soltanto noi sappiamo vederli, valorizzarli, viverli, soffrirli, cercarli, rifuggirli.
Sono quegli angoli che si ricordano, per sempre, anche quando quella casa non la abiteremo piu'. Perche' avremo cambiato indirizzo, citta' , scuola, lavoro, vita, amore, pelle, cuore, anima...
Quegli angoli ci saranno sempre.
Hanno saputo prendersi il loro posto dentro di noi e ci aspettano silenziosi e certi che arrivera' il momento che li cercheremo. E si' che li cercheremo....
E quante piu' case avremo vissuto, piu' rifugi dentro di noi ci saremo creati, illudendoci di divenire, per questo, piu' forti e sicuri.

giovedì 9 febbraio 2012

Crudele incantesimo.

Il mare:

solo una gran massa d' acqua in perpetuo, incomprensibile movimento, senza i tuoi occhi nei miei a rispecchiarlo.

La sabbia:

fastidiosa polvere, ruvida e scottante, senza le carezze delle tue mani e l' elasticita' dei tuoi passi.

Gli scogli:

ostili mostri pietrificati. Scivolosi, aguzzi, taglienti, che mi feriranno a morte se cerchero' di aggrapparmici, per sfuggire all' inesorabile naufragio di un tuo abbandono.

Il sole:

un grande falo', per un bizzarro incantesimo, scagliato e poi dimenticato nel cielo e che, invano, cerchera' di riscaldarmi, statua di ghiaccio, senza le tue braccia e le tue parole.

La luna:

magico specchio di antichi amanti, appoggiato sullo spesso velluto, polveroso di stelle, ormai opaco e spento, per sempre, se tu non sarai con me.

La mia bocca:

sapore di mandorle amare. Ferita aperta, piaga della mia anima, senza i tuoi baci.

venerdì 13 gennaio 2012

Ogni tanto, all´improvviso.

Ogni tanto mi soffermo
e mi manchi.
Ogni tanto mi scopro
a venirti a cercare
nella tua stanza.
Ed e´ancora mancanza,
ancora dolore.
Poi
all´improvviso
ti sento.
Presente.
Ti distinguo.
Immagine definita e tersa
sul fondo dei miei occhi.
Le fibre del cuore
si distendono.
Mi riscalda e mi rassicura,
come da bimba,
il tuo sorriso.
E ti aspettero´,
mi troverai,
per sempre.
Cosi´: ogni tanto,
all´improvviso.